Credit Suisse, cosa c'è dietro il collasso: contabilità parallele, raggiri e privilegi (come il volo aziendale per la finale degli Europei) (2024)

diStefano Righi

Un libro ricostruisce il salvataggio sul baratro, avvenuto il 19 marzo 2023, dell’istituto di credito che finanziò la crescita della Svizzera moderna. Una storia di contabilità parallele, raggiri, pratiche illegali. E manager che vivevano in una bolla di privilegi

L'allarme rosso scattò di mercoledì. Colm Kelleher, presidente della banca Ubs, venne convocato dalla ministra delle Finanze della Svizzera in un riservato ufficio di Zurigo. Con Karin Keller-Sutter ad attendere il banchiere irlandese c’erano anche il presidente della Banca nazionale svizzera, Thomas Jordan, e Marlene Amstad, presidente della Finma, l’Autorità di sorveglianza sui mercati. Quando se li trovò davanti, Kelleher capì subito che per il Credit Suisse, il più agguerrito dei suoi concorrenti, non c’era più nulla da fare. E che a Ubs sarebbe toccata l’operazione di salvataggio. Era il 15 marzo 2023. Sarebbero bastati altri quattro giorni perché l’istituto di credito che aveva finanziato la crescita moderna della Svizzera finisse definitivamente a gambe all’aria, con Ubs a salvare il salvabile, comperando a prezzi di saldo tutto quello che era rimasto di una banca che, in 167 anni di storia, era diventata parte dell’identità nazionale.

«LA CADUTA. IL CASO CREDIT SUISSE», E' UN LIBRO DELLA GIORNALISTA SVIZZERA DI 'LE TEMPS' MATHILDE FARINE, A CURA DI STEFANO RIGHI (EDITORE GUERINI E ASSOCIATI)

È passato un anno dal 19 marzo 2023. Fu la domenica nera della confederazione elvetica. Se Ubs non avesse concluso l’acquisizione, il lunedì mattina i mercati avrebbero affossato il Credit Suisse e l’intera Svizzera, con un effetto domino che tutti preferiscono non immaginare. Quando Kelleher esce dall’incontro con le tre autorità ha le spalle al muro: non può tirarsi indietro. Passeranno poche ore e il Credit Suisse chiederà alla Banca nazionale svizzera un finanziamento ponte da 50 miliardi. La banca centrale è meno ottimista, così metterà a disposizione 168 miliardi di franchi per evitare il disastro in Borsa in attesa del weekend e dell’intervento salvifico di Ubs, che comprerà il Credit Suisse per tre miliardi, una cifra irrisoria.

Il collasso del Credit Suisse, il cui marchio scomparirà tra pochi mesi, è una ferita ancora viva. Quando venne fondato, nel 1856 da Alfred Escher con il nome di Schweizerische Kreditanstalt, la sua missione era chiara: accompagnare la Svizzera in un cammino verso la modernità. Nascono così le grandi industrie nazionali, dalla chimica alla meccanica, alla farmaceutica. Soprattutto, la nuova banca finanzierà la costruzione della rete ferroviaria, che eviterà l’isolamento internazionale della Svizzera.

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La prima crepa nel muro

Lo sviluppo della banca fu rapidissimo e fino a metà degli anni Settanta del secolo scorso il Credit Suisse fu sinonimo di sicurezza, riservatezza, attenzione alle regole. Poi, la prima crepa nel muro della rispettabilità, che si apre a Chiasso. L’Italia vive gli anni più neri del Dopoguerra. Un mix di terrorismo e rapimenti non giustifica ma spinge molti italiani a portare i loro averi all’estero. La filiale di Chiasso del Credit Suisse è lì, due passi dopo il confine con Como. Nell’agenzia si forma una contabilità parallela: le lire degli italiani vengono occultate in un sistema di investimento che genererà 1,4 miliardi di franchi di perdita. È il primo grande scandalo che coinvolge il Credit Suisse.

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Nel 1978 la carta americana

Ma la credibilità internazionale del gruppo non è toccata. Tanto che l’anno dopo, siamo nel 1978, il Credit Suisse gioca la carta americana. Come racconta Mathilde Farine in La caduta, che l’editore Guerini & Associati porta oggi in libreria nell’edizione italiana, c’è l’opportunità per fare il salto di categoria, che il gruppo svizzero non si lascia sfuggire: stringe una partnership con First Boston. Passano pochi anni e il gruppo americano va in difficoltà, così alla banca di Zurigo si presenta la grande occasione d’acquisto. Fu «la prima volta che un istituto non americano assumeva il controllo di una banca d’investimento di Wall Street», sottolinea Farine.

I guai, secondo alcuni, inizieranno in quel momento. Il crash culturale tra il compassato mondo della confederazione e l’arrembante stile americano genererà quell’implosione identitaria che porterà al collasso. Ma quanto accadrà nei 15 anni successivi al 2008 andrà ben oltre lo scontro ideologico e avrà la concretezza di truffe, raggiri e traffici illegali. Una serie quasi infinita. Si inizia con la violazione delle sanzioni internazionali contro Iran e Sudan, che costano una multa da mezzo miliardo di dollari, per arrivare all’evasione fiscale di alcuni cittadini americani, aiutati dalla banca, che pagherà penali per 2,6 miliardi. In Mozambico, nel 2016, il Credit Suisse finanzia l’acquisto di una flotta per la pesca al tonno. In verità quei denari sono utilizzati per acquistare equipaggiamenti militari. Lo scandalo dei mutui subprime, che portò al crollo di Lehman Brothers, costerà al Credit Suisse una multa da 5,28 miliardi. È il 2018 quando il tribunale di Ginevra condanna al carcere un gestore di patrimoni del Credit Suisse che ha causato un danno di 143 milioni di franchi all’ex primo ministro georgiano Bidzina Ivanishvili e per essersi intascato 30 milioni di franchi. Le attività dei fondi Greensill causeranno perdite per 10miliardi di dollari, altri 5 miliardi finiranno nel buco creato dai fondi Archegos.

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Manager creativi

C’è da far girare la testa. Ma poi ci sono i manager, molto creativi. Urs Rohner è stato presidente per 10 anni, dal 2011. Un arco di tempo che vede il titolo perdere il 75 per cento del proprio valore. Quando nel 2019 la banca realizza un primo taglio importante dei costi, Rohner porta tutto il vertice a festeggiare a New York, confermando l’idea di vivere fuori dal tempo e dal contesto.

Tidjane Thiam, amministratore delegato franco- ivoriano passerà invece alla storia per aver fatto pedinare due manager della banca, oltre all’ex marito dell’allora compagna. Thiam verrà ricordato anche per un’altra cosa: in meno di cinque anni si farà pagare 70 milioni di franchi svizzeri, nonostante il titolo perda in Borsa. Anche per questo, al suo posto, viene chiamato il portoghese Antonio Horta-Osorio, che ha appena salvato la londinese Lloyds Bank. Ma l’aria fine della Svizzera, evidentemente, dà alla testa. Con le restrizioni per il Covid in vigore, Horta-Osorio non resiste al richiamo dello sport.

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Dai campi di Wimbledon allo stadio

È l’11 luglio 2021 e nel primo pomeriggio il ceo del Credit Suisse vola con l’aereo della banca e famiglia al seguito sul centrale di Wimbledon, dove Novak Djokovic batte in quattro set Matteo Berrettini. Pazienza se infrange le regole inglesi e svizzere sull’isolamento. Già che c’è in serata è a Wembley, per la finale dell’Europeo di calcio e gli azzurri che battono ai rigori l’Inghilterra: impossibile non esserci!
Al confronto, quanto accadde in Italia dieci anni fa, dipinge quei banchieri popolari come bottegai di provincia. Le Popolari italiane non ci sono più e ora sono scomparse anche le grandi banche svizzere. Ne è rimasta solo una, per adesso.

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LA STORIA DELL'ISTITUTO

FONDAZIONE - Il Credit Suisse Group fu fondato nel 1856 da Alfred Escher a Zurigo. Con la banca, Escher voleva finanziare gli sviluppi delle neonata industria ferroviaria svizzera, sottraendo il controllo alle banche straniere
IL CROLLO - L’anno nero è il 2023: dopo mesi di crisi, il 15 marzo il prezzo delle azioni del Credit Suisse, scendono a 1,65 franchi, quando solo nel 2007 il loro valore era di 90 franchi. Clienti e investitori ritirano i loro soldi: in una settimana il deflusso raggiunge i 10 miliardi di franchi
IL SALVATAGGIO - Il 19 marzo 2023, Ubs, il suo maggiore e diretto concorrente, acquisisce il Credit Suisse per 3 miliardi di franchi svizzeri, salvando la banca. Ubs otterrà fino a 10 miliardi di liquidità dalla banca nazionale svizzera per far fronte ad eventuali perdite

15 marzo 2024 ( modifica il 15 marzo 2024 | 13:47)

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